Le parole fanno cose*.
Una frase che, da sola, sembrerebbe già bastare a farci intuire, con estrema immediatezza, quanto il potere racchiuso in queste piccole unità di senso, che istintivamente utilizziamo sin dalla nascita, costituisca una questione particolarmente rilevante per la leadership.
* L’espressione “Le parole fanno cose” fa riferimento alla raccolta di lezioni How to Do Things with Words (Come fare cose con le parole) tenute nel 1955 all’università di Harvard dal filosofo linguista inglese John Langshaw Austin, con le quali – per primo – ha introdotto nell’ambito della riflessione filosofica sul linguaggio la teoria degli atti linguistici, poi formalizzata negli anni successivi dal filosofo John Searle.
Ad oggi sono numerosissimi gli studi che confermano la stretta connessione tra abilità linguistica – dalla capacità di costruire uno storytelling a quella di “esporlo” efficacemente davanti a degli interlocutori – e abilità nella leadership.
Tra i più famosi, sicuramente quelli di Howard Gardner, psicologo e docente di Harvard che introdusse nel 1993 la Teoria, oggi affermata, delle Intelligenze Multiple, tra le quali inseriva l’intelligenza linguistica.
L’intelligenza linguistica: un tratto distintivo della leadership
L’intelligenza linguistica è caratterizzata da una spiccata sensibilità, da parte di chi la possiede, per le parole e per l’uso del linguaggio: trasmettere informazioni, ma non solo. Persuadere, convincere, stimolare, coinvolgere. Per questo non si limita ad essere una “semplice” abilità o competenza utile, ma è secondo Gardner – come abbiamo avuto l’occasione di ascoltare nel 2019 sul palco del Leadership Forum – un vero e proprio tratto distintivo della leadership. “L’impatto esercitato da un leader – ricorda il docente – dipende in misura assai significativa dalla storia che egli comunica o incarna.”
Le parole nell’impresa: cosa fanno e quali usare
Insomma, le parole descrivono, trasmettono conoscenze, le parole coinvolgono. Ma che cosa possono fare le parole nel contesto aziendale?
Le parole fanno la credibilità, quando esprimono i valori che l’impresa, i suoi dirigenti e le sue persone incarnano e secondo i quali perseguono gli obiettivi aziendali. Le parole fanno la trasparenza e un ambiente di lavoro sicuro quando, specie nei momenti di crisi, si assumono la responsabilità di errori e di ripararli. Le parole fanno autorevolezza quando sono l’espressione di una cultura aziendale coerente e condivisa.
Le parole fanno innovazione quando sanno ingaggiare team e collaboratori nel raggiungimento degli obiettivi e nell’adesione a un modello di evoluzione oggi sempre più necessario. Le parole fanno cambiamento, quando attivano, all’interno e all’esterno, la motivazione necessaria a compiere le azioni per produrre trasformazioni, in azienda e nel mondo.
Tra tutti gli elementi del linguaggio, tuttavia, ce n’è uno che – secondo lo scrittore ed esperto di narrazione e comunicazione politica Gianrico Carofiglio – possiede una maggior capacità trasformativa sulla realtà: la metafora.
La metafora: strumento strategico per comunicare in azienda
Non una semplice figura retorica, infatti, la metafora – come la definisce Carofiglio in linea con gli studi del linguista statunitense George Lakoff – è uno strumento del pensiero, un mezzo per produrre e trasferire conoscenza. Proprio per questo gioca un ruolo al contempo delicato e importantissimo all’interno di ogni discorso, specie se pubblico come quasi sempre è quello aziendale.
Quando utilizziamo una metafora, mettiamo in relazione termini del discorso anche molto lontani, accostandoli a volte in modo inconsueto: così riusciamo a esprimere qualcosa che non sappiamo ancora definire con esattezza, attraverso una categoria che, invece, già possediamo. Questo ci permette di renderla comprensibile, allargando per noi e per gli altri il campo della conoscenza.
Le metafore espandono la conoscenza
Le metafore consentono di trasmettere concetti o esperienze che non sarebbe possibile trasferire in maniera puramente descrittiva. In sostanza: rendono il messaggio estremamente più efficace, cosa che si traduce in una maggiore capacità di influenza, per chi le utilizza in modo corretto, senza ricadere in formule vuote e trite.
La metafora, inoltre, attraverso lo stesso meccanismo è in grado di valorizzare le convinzioni preesistenti di chi ci ascolta, magari non consapevoli e non espresse, ma che la metafora è in grado di visualizzare e concretizzare.
Valori aziendali già condivisi tra dirigenti e collaboratori, ad esempio, se verbalizzati ed espressi attraverso la giusta metafora possono sprigionare una forza che non solo è in grado di allineare tutti su visioni e obiettivi, ma anche di attirare e trattenere talenti, di instillare in tutti la motivazione necessaria a farli esprimere al massimo del loro potenziale.
Le metafore coinvolgono
Inoltre, lo intuiamo dall’esperienza che abbiamo del linguaggio letterario e poetico oltre che da quella quotidiana, la metafora ha un innegabile potere di evocazione delle emozioni che, all’interno della comunicazione, costituiscono un ponte tra gli interlocutori: creando legami, risvegliando connessione, vicinanza e condivisione. Come ricordava Federico Buffa sul palco di una delle passate edizioni di Public Speaking e Storytelling: “Se ti dico una cosa la dimentichi, se te la mostro potrai ricordarla, se ti coinvolgo è tua.”
Le metafore sono ovunque
Le metafore, inoltre, sono dappertutto. Senza considerare quelle del linguaggio poetico e quelle ormai “consumate” del linguaggio giornalistico e politico, sono tantissime quelle che usiamo ogni giorno e riguardano qualsiasi ambito della vita: “Aprire un tavolo”, “abbassare la guardia”, “staccare la spina”. Sono appunto il modo più diffuso che abbiamo di entrare in rapporto con ciò che non conosciamo, per comprenderlo e anche per raccontarlo.
Per questa loro incredibile diffusione sono il mezzo più efficace per aumentare non solo l’impatto del messaggio, ma la sua immediatezza. “Dobbiamo imparare a costruire delle buone metafore, ma dobbiamo anche imparare a riconoscere inconsapevolmente le metafore che usano gli altri”, spiega Carofiglio. In effetti in azienda, un attento ascolto all’uso di determinate metafore, può dirci molto sul clima e sul livello di sicurezza che si respira, sul livello di soddisfazione e benessere, sulla percezione che team e collaboratori hanno dell’intera struttura aziendale.
Le metafore tossiche: i rischi del gergo e dell’aziendalese
Significa che tutte le metafore sono “buone”?
Ovviamente, nell’enorme proliferazione di parole e di messaggi in cui viviamo immersi, Gianrico Carofiglio suggerisce di dedicare una particolare attenzione all’uso che se ne fa e questo vale anche, e in special modo, in contesti come quello aziendale, in cui le dinamiche organizzative implicano per natura rapporti di potere e numerosi tipi di relazioni di varia natura “gerarchica”.
Se, dunque, la metafora viene utilizzata come un mezzo linguistico vuoto e prefissato, come una formula superficiale per evitare quelli che lo scrittore definisce i “doveri della comprensione” o i doveri di incarnare determinate responsabilità, diventa tossica.
Se la metafora è buona quando costruisce ponti tra percezioni ed esperienza, potrebbe diventare tossica anche nel momento in cui è utilizzata per costruire un “gergo”. Un linguaggio riservato a un numero limitato di persone rischia infatti di diventare uno strumento di esclusione, anziché di inclusione e accoglienza della diversità e di punti di vista differenti; una barriera, anziché un canale per allargare il campo della comprensione e della conoscenza.
Public Speaking e Storytelling: il potere delle metafore
Come produrre significato, evocare emozioni e comunicare più efficacemente, utilizzando la capacità trasformativa delle metafore: Gianrico Carofiglio ci condurrà in un approfondito percorso nell’utilizzo delle metafore nello storytelling aziendale in occasione di Public Speaking e Storytelling, l’evento di un’intera giornata, a Milano e in streaming, dedicato alla comunicazione d’impresa, al brand storytelling, alle tecniche più efficaci di public speaking per esporre in pubblico e coinvolgere gli ascoltatori con una storia memorabile. Sul palco, insieme allo scrittore Gianrico Carofiglio, Pablo Trincia, uno dei più esperti narratori e podcaster Italiani del momento, Federico Buffa e la storica pubblicitaria, art director ed esperta di creatività Annamaria Testa.
Il programma completo è disponibile cliccando qui.
Fonte: Performance Strategies