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(Quasi) nessuna opportunità è persa se hai un metodo di follow up

Arrivare al cliente giusto nel momento in cui è più propenso all’acquisto: è l’approdo ideale di ogni attività di prospecting, ma appunto è l’ideale. Nella pratica, chiunque si occupi quotidianamente di vendita lo sa: non tutti i contatti si trasformano effettivamente in prospect e clienti. Ecco perché, se è tanto importante individuare i potenziali clienti “giusti”, altrettanto lo è saper riconoscere quando un contatto non è più “lavorabile”.

Quando è il momento di “licenziare” un cliente

È una delle questioni più spinose nell’attività di vendita: quand’è il momento di licenziare un prospect o cliente?
La risposta, come sempre, non è univoca, ma esistono – spiega la sales expert Meridith Elliott Powell – delle strategie specifiche e molto pratiche di follow up che possiamo utilizzare per analizzare meglio il processo di vendita e di conseguenza ottimizzare le tempistiche, stabilire le giuste priorità in pipeline e raggiungere finalmente con migliori risultati gli obiettivi mensili o trimestrali.

Tutto parte, naturalmente, dal cliente e in particolare dal modo in cui prende le sue decisioni. Sono numerosi gli studi nell’ambito del customer journey a confermare che, in media, sono necessari da 8 a 10 touch point perché un prospect inizi a interessarsi a un’offerta. Sul fronte opposto, i tentativi che, in genere, la maggior parte dei venditori compie prima di “arrendersi” vanno da 2 a 3. Questo significa che tra il delinearsi dell’interesse e la decisione vera e propria di acquistare, c’è un margine di ben 6 step, di cui un prospect potrebbe aver bisogno per capire se vuole acquistare. E sono questi 6 step di follow up che, progressivamente, possono fornirci i dati essenziali per capire se valga o meno la pena di portare avanti una trattativa.

Perché il di follow up tende a interrompersi…

Ma se i prospect hanno potenzialmente bisogno di almeno 8 punti di contatto, come mai quando vendiamo ne forniamo 2 o 3 al massimo?
Sono due le ragioni principali di questo mismatch, secondo Powell: il timore di infastidire il cliente con ulteriori telefonate o email, innanzitutto. E, in secondo luogo, l’idea (sbagliata!) che se il prospect non abbia risposto a una mail o una chiamata significhi che non è interessato tout court. Sono preoccupazioni senza un vero fondamento, che l’esperta decostruisce: se stiamo chiamando un determinato contatto, in primis, è perché ha già dimostrato una forma d’interesse o perché secondo una nostra analisi precedente potrebbe essere interessato. Senza considerare il fatto che tutti, anche i clienti, siamo costantemente impegnati: la nostra chiamata o la nostra e-mail in quel preciso momento potrebbe non essere la più urgente priorità.

…e come riattivarlo

Il punto, continua Powell, è che invece di battezzare il cliente come non interessato, dovremmo concentrarci sul motivo per cui non sta acquistando: gli abbiamo fornito abbastanza valore e ragioni sufficienti per acquistare e per farlo ora? L’obiettivo (e il risultato) di un follow up efficace è proprio far sì che il prodotto, il servizio, la nostra offerta entrino nella lista delle priorità del potenziale cliente. E questo lavoro passa anche da un’ulteriore riflessione che fa cadere il primo timore, quello di risultare insistenti e fastidiosi, che ci fa desistere e “sbagliare” il momento. Il fatto che un potenziale cliente manchi una o più volte la nostra chiamata o mail ci suggerisce in realtà un dato importante: forse non lo stiamo raggiungendo attraverso il canale giusto. Lo è forse per noi, il più pratico o il più comodo, ma il risultato è evidente: non è efficace. Occorre utilizzare i mezzi che il potenziale cliente ritiene più comodi (o attraenti) per lui: social, messaggistica, inviti a eventi sono carte che vanno giocate.

Padroneggiare il follow up: 4 strategie

“Il punto di un follow up efficace è restare sempre visibili, così quando il prospect sarà pronto ad acquistare, noi saremo i primi della sua lista, saremo i primi a venirgli in mente” spiega Powell e fornisce alcuni consigli pratici per padroneggiare l’attività di follow up e renderla uno strumento decisivo per incrementare i risultati commerciali, individuali e dei team.

1. Crea la tua cartina al tornasole

Meglio conosci i tuoi attuali clienti, più aumenta la tua capacità di selezionare (o deselezionare!) i tuoi prospect. Hanno caratteristiche e tratti in comune? In che cosa sono simili? Una volta individuati questi aspetti, sei in grado di conoscere il tuo cliente tipo, che include non solo chi è più propenso ad acquistare da te, ma anche chi sarebbe più aperto al follow up. Si tratta di costruire la tua cartina al tornasole con una serie di criteri che definiscono il prospect tipo: è lui il decisore? Le decisioni nella sua azienda vengono prese a livello locale o centrale? L’azienda ha la dimensione che cerchi? Quanta urgenza ha di una soluzione come la tua su una scala da 1 a 5?

2. Sii diretto

Fai domande esplicite almeno un paio di volte poi torna “sulle tue”. Quando il prospect ha dimostrato interesse, spiega Powell, è bene fare almeno due volte un tentativo diretto per capire se c’è modo di arrivare a chiusura. Se il feedback non è positivo, da quel punto è necessario cambiare approccio. Non significa interrompere il follow up, ma prendere coscienza che qualche fattore è intervenuto a bloccare il flusso decisionale: forse non hai aggiunto abbastanza valore, ma l’interesse è ancora lì. Con queste informazioni, puoi restare in contatto cambiando approccio.

3. Soluzioni creative

Chi ha detto che il follow up debba sempre consistere nella solita chiamata, a cadenza settimanale, in cui invariabilmente si cerca di chiudere? Il follow up non dev’essere “noioso”. Chiedere, a un certo punto, è indispensabile per far procedere la vendita, ma intanto, come accennavamo, è fondamentale restare visibili e presenti. Negli step intermedi del follow up condividi un contenuto, fornisci un rapido suggerimento, invita il cliente a un evento, presentalo ad altri potenziali clienti. In altre parole, in modo creativo dai al potenziale cliente qualsiasi cosa possa essere percepita di valore.

4. Automatizza

La tecnologia oggi è così evoluta da consentirci di raccogliere moltissime informazioni e di non dover abbandonare un contatto dopo pochi touch point. I clienti meno “reattivi”, ad esempio, possono essere seguiti con un follow up automatizzato, sfruttando le tante alternative offerte dai software. Invio di newsletter, contenuti, video: spesso queste azioni non hanno un costo realmente impattante in termini di tempo o di denaro. Ma ti rendono sempre visibile e top of mind… fino al prossimo touch point.

Fonte: Performance Strategies 

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