I PFAS sono un insieme di sostanze inquinanti su cui si sta concentrando negli anni un’attenzione sempre maggiore. Il primo caso accertato di contaminazione legato a questi composti risale al 1998 in Virginia negli Stati Uniti, ad opera della società chimica Dupont.
L’inquinamento portato da queste sostanze non è però qualcosa di limitato al mondo statunitense. In Italia, la sigla PFAS ha iniziato ad essere tristemente nota quasi 15 anni fa: nel 2013, in particolare nel territorio che si estende tra le province di Vicenza, Verona e Padova, fu condotta una ricerca sperimentale sulle sostanze inquinanti “emergenti”.
I risultati evidenziarono che l’acqua destinata al consumo umano, in più di 30 comuni della zona, era contaminata da sostanze perfluoro-alchiliche a concentrazione variabile.
Sebbene siano passati alcuni anni, la contaminazione da PFAS rimane un argomento estremamente attuale e su cui è ancora necessario prestare la massima attenzione. Abbiamo raccolto alcune informazioni per fare chiarezza su queste sostanze inquinanti presenti nell’acqua, ma soprattutto anche su come proteggersi adeguatamente.
Cosa sono i PFAS?
Chiamate anche sostanze perfluoro alchiliche, i PFAS sono dei composti chimici che contengono legami tra carbonio e fluoro. I risultati di questa combinazione sono notevoli: i PFAS, infatti, rendono le superfici impermeabili ad acqua e grassi, resistenti al calore e ad altre sostanze chimiche. Hanno inoltre proprietà tensioattive che permettono di asportare lo sporco e inibire lo sviluppo dei germi.
Grazie a queste caratteristiche, le sostanze perfluoroalchiliche iniziano ad essere utilizzate e in tutto il mondo a partire dagli anni Quaranta e Cinquanta nella produzione di oggetti di uso comune come carta da forno, padelle antiaderenti, indumenti per l’outdoor resistenti alle intemperie, schiume antincendio, cosmetici e molto altro.
A causa delle loro proprietà chimiche, però, i PFAS sono definiti “forever chemicals”: cioè estremamente resistenti e poco degradabili, per cui se dispersi nell’ambiente (o peggio, se introdotti nel corpo umano) si conservano a lungo con esiti potenzialmente pericolosi.
I PFAS sono nocivi?
Forse non tutti sanno che, all’interno della sigla PFAS, sono raggruppati migliaia di composti (più di 4000 per intenderci) e solo di alcuni si conoscono gli effetti nocivi sulla salute umana.
I più noti sono l’acido perfluoro etansolfonico (PFOS) e l’acido perfluoroottanoico (PFOA) e sono ritenuti cancerogeni e tossici, oltre ad essere pericolosi per l’apparato endocrino, responsabile della produzione e regolazione degli ormoni nel nostro corpo.
Queste sostanze perfluoroalchiliche sono difficili da studiare, in quanto spesso le acque contaminate presentano altre sostanze nocive differenti: non è facile capire quali di queste siano la causa effettiva dei problemi di salute della popolazione locale.
I PFAS, inoltre, sono una forma di inquinamento relativamente recente: basti pensare che fino al 2013, né a livello italiano né europeo, non esistevano limiti di legge per queste sostanze nell’acqua potabile, così come nessuna indicazione in merito da parte dell’OMS.
Non è ancora possibile quindi stabilire con certezza quali saranno tutte le conseguenze a lungo termine sulla salute delle persone.
Dove si trovano i PFAS?
Lo studio del 2013 ha rilevato un inquinamento elevato di sostanze perfluoro alchiliche nelle province di Vicenza, Padova e Verona. Una zona particolarmente colpita è stata quella tra Brendola, Lonigo e Sarego, nella quale sono state trovate le concentrazioni più alte.
Chi pensa però che sia un problema localizzato si sbaglia di grosso: questi composti chimici inquinanti e nocivi per la salute sono un problema di tutti.
Ad esempio, nel 2020, l’Agenzia tedesca per l’ambiente ha testato oltre 1000 bambini riscontrando in ciascuno di loro la presenza di sostanze chimiche PFAS. In alcuni casi le concentrazioni erano così elevate da non poter escludere un pericolo per la salute in futuro.
Non mancano altri studi che rilevano contaminazioni negli Stati Uniti e persino in Svizzera, paese noto per la particolare attenzione all’ambiente.
Sebbene inoltre siano state prese delle misure di sicurezza per limitare ed eliminare l’utilizzo di PFOS e PFOA, la presenza di queste sostanze non può considerarsi risolvibile nel breve tempo a causa della loro resistenza e longevità nel tempo.
Come difendersi dai PFAS
Nelle zone particolarmente colpite del Veneto, i comuni e la Regione hanno dovuto adottare sin da subito misure ad hoc come l’installazione di un sistema di filtrazione a carboni attivi.
Nonostante questo, gli abitanti della zona si sono trovati a dover cambiare le proprie abitudini, acquistando acqua in bottiglia per compiere anche i più banali gesti quotidiani come, ad esempio, lavarsi i denti. L’acquisto di numerose bottiglie di plastica però non è una soluzione sostenibile a lungo termine, sia per l’ambiente sia per il bilancio familiare.
Il metodo più efficace per difendersi dalla contaminazione da PFAS nell’acqua di uso domestico è l’acquisto di un depuratore a nanofiltrazione, come Goccia di Nanosystem.
La tecnologia di purificazione dell’acqua tramite nanofiltrazione, infatti, permette di:
- Rimuovere dall’acqua diverse sostanze idrosolubili inquinanti;
- Riequilibrare il livello di sali minerali disciolti nell’acqua;
- Abbattere completamente la presenza di PFAS.
A differenza di altre tipologie di depurazione, la nanofiltrazione infatti garantisce un’acqua depurata senza bisogno di miscelazioni, prodotti chimici o lavaggi per la disinfezione.
Un depuratore come Goccia non solo garantisce la salute e il benessere di tutta la famiglia, ma permette un risparmio immediato sull’acquisto di acqua in bottiglia e di prodotti per la pulizia anticalcare, rivelandosi una soluzione efficace e funzionale sul lungo termine.
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Ufficio stampa: NANO SYSTEM